Una ricerca ribalta molti luoghi comuni e rivela dove cortesia e convivenza funzionano davvero.
Ci sono ranking che fanno discutere più di altri, soprattutto quando mettono in gioco identità cittadine e abitudini radicate. È il caso della nuova analisi dedicata alla “maleducazione urbana”, un tema che può sembrare leggero ma che racconta molto di come si vive, davvero, all’interno delle nostre città. Lo spunto arriva da un’indagine che ha coinvolto oltre 1.500 persone e che ha disegnato una mappa meno prevedibile del solito, fatta di conferme, scarti improvvisi e qualche ribaltamento clamoroso.
A colpire non è solo la graduatoria finale, ma il modo in cui percezioni, comportamenti e flussi turistici finiscono per intrecciarsi. È un aspetto poco considerato, eppure decisivo per capire quanto la convivenza urbana sia fragile e influenzabile da piccoli gesti quotidiani. Basta pensare a Venezia, icona mondiale del turismo, che ogni anno deve assorbire un numero di visitatori superiore di molte volte ai suoi residenti: un equilibrio delicatissimo, che spesso lascia tracce anche nei rapporti interpersonali.
La ricerca si sofferma proprio su questo: quanto l’affollamento, la pressione dei visitatori e le abitudini dei residenti modellino l’immagine, positiva o negativa, di una città, ben oltre ciò che raccontano guide turistiche e cartoline. Ed è qui che emergono le vere sorprese, perché non sempre la “città caotica” coincide con la “città scortese”.
Dove nasce davvero la percezione di scarsa accoglienza
Lo studio colloca Taranto al primo posto delle città meno accoglienti, seguita da Torino e Trieste. La motivazione, sulla base delle risposte raccolte, riguarda soprattutto comportamenti ripetuti: conversazioni interrotte dal cellulare, scarsa propensione a lasciare la mancia, un certo nervosismo negli spazi pubblici. Piccoli segni che, giorno dopo giorno, definiscono la temperatura sociale di un luogo.
Il dato più sorprendente, però, riguarda Venezia. La città simbolo del turismo mondiale, amata, fotografata, idealizzata, risulta tra le meno accoglienti secondo gli intervistati. Il motivo è più semplice di quanto si pensi: i 13 milioni di visitatori annui non portano solo risorse economiche, ma anche un carico emotivo e logistico che i residenti sentono sulla propria pelle. Il contatto continuo con persone di passaggio può generare incomprensioni, rigidità, e quella sensazione di “distanza” che molti turisti percepiscono senza riuscire a spiegare.
Emergono sfumature interessanti anche in altre città: a Catania domina il tema della rumorosità, a Parma quello della mancata mancia, a Genova l’abitudine di guardare video con il volume alto nei luoghi pubblici. Comportamenti diversi, ma accomunati da un effetto immediato: creare frizioni con chi vive o visita la città.

Dove nasce davvero la percezione di scarsa accoglienza – parcopreistorico.it
Curiosamente, realtà spesso percepite come caotiche, Napoli e Palermo in testa, non compaiono tra le meno educate. Qui la cultura dell’accoglienza sembra resistere alle difficoltà quotidiane, contribuendo a un’immagine più calorosa e inclusiva. Un elemento che molti intervistati indicano come decisivo per sentirsi accolti.
La classifica mostra un’Italia molto più complessa di quanto suggeriscano cliché e pregiudizi. La cortesia urbana nasce da gesti minimi: uno sguardo, un’attenzione, un rispetto degli spazi comuni. È un patrimonio che residenti e turisti costruiscono insieme, e che può cambiare l’identità di una città tanto quanto un monumento o un evento culturale. Coltivarlo non richiede sforzi enormi: basta un po’ di consapevolezza in più, e quel dettaglio che sembra insignificante diventa il vero marchio dell’accoglienza.
La classifica delle città meno accoglienti in Italia: al primo posto l'emblema del turismo - parcopreistorico.it






