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Ondate di calore improvvise: a volte ritornano, ecco perché

temperaturaondate di calore- parcopreistorico.it

Le ondate di calore improvvise, fenomeno sempre più frequente e intenso in Europa, rappresentano una minaccia crescente per la salute pubblica e i sistemi sanitari del Vecchio Continente. Secondo un recente studio pubblicato su Nature Climate Change, le condizioni meteorologiche che hanno generato le peggiori emergenze termiche degli ultimi trent’anni, se si ripresentassero oggi con il riscaldamento globale attuale, provocherebbero un numero di decessi drammaticamente superiore. Alla luce di questi dati, diventa cruciale prepararsi adeguatamente.

Tra i fenomeni atmosferici più pericolosi c’è la cosiddetta “cupola di calore”, ovvero lo stallo di un sistema di alta pressione che intrappola l’aria calda su una regione già soggetta a siccità prolungata. L’esempio più emblematico è l’estate del 2003, quando temperature superiori ai 38 °C si sono mantenute per due settimane su gran parte dell’Europa occidentale, causando oltre 70.000 morti in 16 Paesi, secondo l’Istituto nazionale della salute e della ricerca medica francese. Gli effetti si sono fatti sentire anche sull’ambiente, con una perdita del 10% dei ghiacciai europei e gravi danni all’agricoltura e all’energia.

Oggi, il quadro è ancora più preoccupante: il clima europeo si è riscaldato in media di circa 0,7 °C rispetto al 2003, e si avvicina rapidamente alla soglia critica di +1,5 °C rispetto all’era preindustriale, aumentando la probabilità e la gravità di eventi estremi.

Uno studio recente evidenzia un limite all’adattamento umano

Ricercatori della Stanford Doerr School of Sustainability hanno analizzato dati meteo, temperature superficiali e certificati di morte relativi a cinque ondate di calore tra il 1994 e il 2023, confrontandoli con le temperature globali annuali precedenti ogni evento. I risultati mostrano un aumento significativo delle morti dopo giornate con temperature superiori ai 30 °C, anche nelle regioni più calde d’Europa, suggerendo l’esistenza di un limite biologico all’adattamento al caldo estremo.

Inoltre, la mortalità correlata al calore è più elevata nelle località meno abituate a temperature elevate, indicando che zone tradizionalmente più fresche sono più vulnerabili. «Il nostro approccio confronta Parigi con se stessa durante l’agosto 2003 e un agosto normale del 2002», spiega Marshall Burke, tra gli autori dello studio, «isolando così l’impatto diretto del caldo».

Con l’attuale livello di riscaldamento globale, ondate di calore come quelle del 2003 potrebbero causare fino a 17.800 morti aggiuntive in Europa in una sola settimana, quasi il doppio rispetto a un’ipotetica situazione senza riscaldamento. In scenari peggiori, con un aumento di +3 °C, le vittime settimanali potrebbero superare le 32.000, numeri paragonabili alle crisi più drammatiche della pandemia di COVID-19.

Gli esperti sottolineano come i sistemi sanitari europei non siano ancora pronti a fronteggiare questa emergenza in modo efficace. Se i tassi di adattamento alle ondate di calore proseguiranno ai ritmi attuali, solo una minima parte delle morti potrebbe essere evitata. Si rende quindi urgente sviluppare e implementare strategie di prevenzione mirate, tra cui programmi di assistenza per persone isolate, miglioramento della ventilazione negli edifici pubblici e aumento delle aree verdi e di ombreggiatura nelle città. Preparare ospedali e sistemi sanitari per gestire scenari estremi è fondamentale per evitare perdite umane dovute non solo al caldo ma anche alla saturazione e disorganizzazione dei servizi, come già visto durante la pandemia.

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