Nuove ricerche neuroscientifiche spiegano come i cambiamenti cerebrali legati all’età alterino la percezione del tempo, offrendo strategie per rallentarne la sensazione.
Perché con l’avanzare dell’età il tempo sembra scorrere più velocemente? Un recente studio pubblicato su Communications Biology fornisce nuove conferme neuroscientifiche a questa comune percezione, svelando i meccanismi cerebrali coinvolti nel modo in cui il tempo viene percepito durante il corso della vita.
Il tempo che sfugge: i cambiamenti nel cervello con l’età
È un’esperienza condivisa da molti: da giovani, le giornate sembrano infinite, mentre con l’età tutto sembra accelerare. La ricerca ha analizzato i dati di 577 partecipanti, con un’età compresa tra i 18 e gli 88 anni, sottoponendo ciascuno a risonanza magnetica funzionale mentre guardava un episodio della celebre serie tv Alfred Hitchcock presenta – Bang! You’re Dead. Questa scelta non è casuale: il regista britannico-naturalizzato statunitense Alfred Hitchcock, considerato il “Maestro della Suspense”, ha segnato la storia del cinema con film iconici e tecniche narrative che stimolano fortemente l’attività cerebrale.
Dalle immagini raccolte, è emerso che il cervello degli anziani tende a rimanere più a lungo in uno stesso stato di attività, passando meno frequentemente da uno stato neurale all’altro rispetto ai giovani. Questa maggiore permanenza in stati neurali “estesi” riduce la “risoluzione mentale” con cui gli eventi vengono processati, dando l’impressione che il tempo scorra più rapidamente. In sostanza, se il cervello elabora meno cambiamenti e stimoli, la percezione soggettiva del trascorrere del tempo si comprime.

Così cambia la percezione del tempo – Parcopreistorico.it
Gli autori dello studio attribuiscono questo fenomeno a un processo noto come de-differenziazione neurale legata all’età. Con l’invecchiamento, alcune aree del cervello perdono specializzazione funzionale, portando a una minore precisione nell’elaborazione degli stimoli. Un esempio concreto è l’attività neuronale nei circuiti dedicati al riconoscimento dei volti: nei soggetti più anziani, questi neuroni si attivano non solo di fronte a volti ma anche in presenza di oggetti non facciali, indicando una perdita di selettività.
Questa compromissione nella capacità di distinguere nettamente gli eventi potrebbe spiegare perché il cervello fatichi a riconoscere con chiarezza il passaggio da un evento all’altro, contribuendo così alla sensazione che le giornate siano più brevi rispetto a quando eravamo giovani.
La domanda sorge spontanea: esiste un modo per rallentare la percezione del tempo che vola con l’età? Steve Taylor, psicologo noto per i suoi studi sulla consapevolezza e autore di numerosi saggi tra cui Time Expansion Experiences, suggerisce due strategie fondamentali.
La prima consiste nell’introdurre nella propria vita novità e stimoli nuovi, come viaggiare, apprendere nuovi hobby o stringere nuove amicizie. Queste esperienze arricchiscono il flusso di informazioni elaborate dalla mente, aumentando la quantità di eventi percepiti e, di conseguenza, ampliando la percezione soggettiva del tempo.
La seconda, ancor più efficace, è vivere con maggiore consapevolezza, dedicando attenzione piena al momento presente. Prestare attenzione ai dettagli delle esperienze quotidiane, senza lasciarsi travolgere dalla routine automatica, aiuta a rallentare la percezione temporale. Entrambi i metodi, spiega Taylor, potenziano la capacità del cervello di elaborare più informazioni, dilatando la nostra percezione del trascorrere del tempo.
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